Il titolo, già da solo, potrebbe ben illustrare il sentimento che anima questo disco: "Lonely voice", una voce solitaria. Essere solitari, però non vuol dire soffrire di solitudine, piuttosto cercare con caparbietà uno spazio individuale, muoversi con sicurezza alla ricerca di una originalità , di una singolarità , necessaria, oggi più di ieri, per un musicista come Fulci che vive nella babele dei linguaggi che oggi passano sotto la più sempre confusa etichetta di "Jazz". Ed è un disco singolare, questo di Ludovico Fulci, perchè della "confusione" ne fa una virtà, perchè sul mescolamento, sulla contaminazione, sulll'elettricità nervosa dei linguaggi moderni, costruisce una musica che guarda al futuro senza dimenticare i grandi padri, come dimostra in Bud Powell, una musica che si sposta agilmente in scenari diversi, da quelli di Valse Noble a quelli di Etude, e che nel fluire del disco offre un mosaico di sentimenti che restano in bilico tra passione e malinconia, tra leggerezza ed avventura. Maurizio Lazzaro, Dario Rosciglione, Massimo D'Agostino e Francesco Santucci, sono dei perfetti compagni di viaggio per questa "voce solitaria" che con il suo pianoforte si è messo in moto sulle strade del jazz, alla ricerca di altre voci, di altri suoni, di altri sogni. (Ernesto Assante)
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