Ecco qui raggruppati gli squisiti accenti per corno a firma di Wolfgang Amadeus Mozart: un musicista che raramente viene rivissuto, perà², secondo le formule più equilibrate, secondo i più seri dettami stilistici, secondo studi che vadano al di là di quello che si legge meccanicamente sul pentagramma. C'era dunque l'urgenza di realizzare un cosଠambito progetto con un interprete d'eccezione che non si soffermasse, pettegolo, sui ghirigori settecenteschi, che riscoprisse invece la poesia del Salisburghese: una potenza di battute drammatiche che non sfigurano accanto ai capolavori di ispanistici o violinistici. Direi anzi che oggi, grazie a Domenico Ceccarossi, Mozart acquista un fascino che non conoscevamo. Alla sola lettura dei capitoli della storia, sarebbero opere, queste, perfino sollecite nel farci sorridere, legate ad un Mozart che dava all'amico e cornista Leitgeb i titoli di asino, di bue, di bestia, di ignorante. Chissà qual'era in quegli anni l'effettiva voce del corno! Per Wolfgang Amadeus Mozart che si prendeva gioco del cornista, sarà forse stata una sofferenza sentire quei guaiti, ma sapeva certamente quali sarebbero dovute essere le vere eleganze espressive: quelle medesime che ora ascoltiamo da Ceccarossi. Mozart destinava a Leitgeb parti perfino buffe, oppure irte di difficoltà , tanto per stuzzicarne l'orgoglio. E Ceccarossi, se pensa ora a quegli aneddoti curiosi, suona perಠcon tinte drammatiche e si muove lungo direttive che ascoltiamo come una lezione rivolta ai ginnasti del pentagramma. Ceccarossi no, non fa il ginnasta o lo spericolato, pur avendo per sua fortuna una mano, un fiato e labbra e intuiti tecnici unici. Non pone in risalto la tecnica a scapito della poesia. Egli quando suona "piange", "urla", "prega", "sorride", perfino, se gli va, "sghignazza", "implora", "rimprovera". E' un attore. Il suo suono si spiega come una voce, senza limiti. (Luigi Fait, estratto da una recensione)
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