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NON C E' DUE SENZA QUATTRO - Recensione su Closeup.it by Alessandro Izzi- Italiano

27/05/2008

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NON C E' DUE SENZA QUATTRO - Recensione su Closeup.it by Alessandro Izzi- Italiano
NON C E' DUE SENZA QUATTRO - Recensione su Closeup.it by Alessandro Izzi- Italiano

Franco Micalizzi compone musica per film.
Pretese d’Arte, orgoglio d’Autore, ambizioni intellettuali sono parole del tutto estranee al suo modo di essere e di scrivere. Anche la classica querelle che contrappone quei critici che vedono nel lavoro di composizione delle colonne sonore la palestra ideale del Genio che si confronta con quell’arte di massa che è il cinema ai pochi altri che si ostinano a pensare alla musica per film come espressione di semplice ed onesto artigianato, perde ogni valore nell’ottica del maestro romano. Lui semplicemente compone, tutto il resto è teoria buona semmai a riempire le aule delle Università.
Micalizzi in fondo è proprio così : gli metti davanti un film già quasi finito e lui è subito pronto a siglarlo con facili quanto azzeccate melodie. Gli racconti una storia che magari non si è ancora gonfiata al rango di sceneggiatura e lui ha già sulle labbra un temino perfettamente in linea con le emozioni e i colori di una pellicola ancora tutta da girare.
La verità è che Micalizzi respira, mangia e beve musica. Dagli una band, una piccola orchestra e lo fai felice come Pinocchio nel paese dei balocchi senza il rischio della trasformazione in asino.
Non vuole più di tanto essere ricordato tra i grandi della musica. Quello che conta, semmai, è l’aver tanto suonato e l’aver tanto composto. Anche per questo il fatto che la sua firma sia prevalentemente legata al cinema di genere italiano non è né motivo di vanto né motivo di vergogna. È solo il modo in cui le cose sono andate. E del resto il vivaio della così detta serie B italiana è stato anche l’unico posto in cui ai compositori era data carta bianca per sperimentare, giocare, impastare timbri e sonorità. Esattamente quello che Micalizzi voleva fare !
Di suo, l’autore romano, che arriva subito dopo che la generazione dei Trovajoli aveva già aperto le porte del gusto italiano alle contaminazioni jazz, ci mette una precisa propensione al funk. La musica di Micalizzi evita le sonorità della grande orchestra quasi con lo stesso timor panico con cui gli autori del passato evitavano il tritono. Le sue composizioni si muovono nello spazio delle piccole band, al di sotto della ventina di elementi, che propongono piccoli temi aggiornati ad un gusto leggero, magari con influenze caraibiche o latino americane.
Anche Non c’è due senza quattro, colonna sonora dell’omonima pellicola di Enzo Barboni con Bud Spencer e Terence Hill, si muove tra queste coordinate che abbiamo appena tentato di delineare.
Lo dimostra in maniera esemplare già il primo track del disco (What’s going on in Brazil) che assolve una propria specifica funzione da ouverture all’intera pellicola. Si tratta di una song leggera e pervasa di sense of humour che già enuclea quelli che saranno i tratti salienti della musica ancora a venire. Intanto vi fa la sua prima comparsa il tema fondamentale dell’intera composizione (quello che più tardi verrà identificato come Double Trouble Theme), un inciso melodico puntuto e ben delineato nella sua ritmica ballabile che subirà, in corso d’opera, una serie di variazioni che rivelano prima di tutto l’abilità di arrangiatore del Maestro Micalizzi. Poi vi si definisce anche il gusto tutto brasiliano di una musica calda nella sua effusione melodica, ma scoppiettante nell’uso di risorse timbriche tipiche del luogo e dominate da percussioni e fischietti.
Micalizzi gioca tutte le sue carte nello spazio di un’immediata riconoscibilità delle fonti di ispirazione della sua musica. Il nucleo del suo discorso musicale è imposto al proprio ascoltatore con la nuda evidenza di un dato incontrovertibile. Non occorre andare molto avanti nell’ascolto per comprendere il valore e il significato della sua musica : tutto il discorso è già implicito nelle prime battute. Tutto si basa su poche fulminee idee sonore che divengono la spina dorsale dell’intera composizione secondo un processo che è più reiterativo che elaborativo.
In Non c’è due senza quattro a trionfare nel delinearsi mai scontato del percorso musicale è soprattutto l’anima dell’arrangiatore. Il tema fondamentale, invariato nella sua struttura, viene così piegato, in corso d’opera, a differenti stili ed umori. Ecco allora che il Double Trouble theme si piega ai ritmi calienti di una bossanova (track 4) o si scatena nella ballabilità di una salsa (track 8) o, infine, ritrova una vocazione jazz (genere molto amato dall’autore) nella traccia 6, per inciso la più bella di tutto lo score.
Un CD, nel complesso, sicuramente più interessante della pellicola per la quale queste musiche erano state composte.


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