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MILANO ROVENTE - Recensione su Indie-Eye by Michele Faggi - Italiano

13/10/2008

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MILANO ROVENTE - Recensione su Indie-Eye by Michele Faggi - Italiano
MILANO ROVENTE - Recensione su Indie-Eye by Michele Faggi - Italiano

Milano Rovente (1973) è una delle colonne sonore più atipiche nell’ambito dei suoni e dei modi per il poliziesco all’Italiana; un po' come per il Trovajoli di Tony Saitta, Rustichelli non rinuncia al suo universo musicale e costruisce una partitura oscura e assolutamente fuori da tutte le suggestioni del genere di riferimento; qui non c’è spazio per il funk e la violenza adrenalinica dei fiati, la scrittura di Franco Enna, sceneggiatore del film di Lenzi e giallista attivo soprattutto tra il quaranta e il cinquanta, segue un tracciato di algida reverie, specchio testuale di tutta l’arte di Rustichelli in fondo. Il romanticismo esasperato dell’autore di Carpi recupera tutta la tensione e la disperazione mortuaria che attraversava le sue collaborazioni con Mario Bava e partiture come quella scritta per I Giovedì della signora giulia di Paolo Nuzzi. L’incipit languido e morboso di From Sicily to milan è quello di un Jazz di provincia, infestato da suggestioni popolari e da un romanticismo senza speranza; tant’è scompare quasi subito e si apre ad un descrittivismo orchestrale potentissimo dove il piano, sostegno principale dell’arte sensoriale di Rustichelli, tratteggia un incedere spettrale sempre in bilico tra struggimento e minimalismo. Qui non ci sono Onde Martenot, theremin, le derive più astratte sono affidate a piano e organo e disegnano atmosfere sospese. In un certo senso si tratta quasi di un’archeologia fuori dal tempo, musica per una stagione horror che guarda al decennio precedente con una nostalgia necrofila e che dal lounge preleva solamente alcune sonorità per mandare in cortocircuito qualsiasi tentativo di trasformare questi suoni in un gioco d’intrattenimento; anche quando il Jazz più sostenuto e tradizionale segue un percorso funzionale, si disperde subito nella combinazione degli elementi come a creare una dinamica evocativa che entra in conflitto con la tensione descrittiva dell’orchestra. Si prenda una traccia come Fly 747, un beat-lounge che risucchia dentro Bert Kaempfert, Umiliani e Franco Godi; è probabilmente l’unico episodio riconoscibile per concisione insieme alla bellissima What is this love, il brano composto da Franco De Gemini insieme a Stefano Torossi e cantato da Melody. Questi elementi si sfaldano e vengono disseminati per tutta la colonna sonora con un procedimento di dissoluzione oppure di tensione spiraliforme come nell’incredibile Doggy Fighting, quasi un’elaborazione scarna e feroce delle ossessioni Hermanniane. Quello che rende Milano Rovente uno sguardo geniale su di un suono indietro nel futuro, a distanza di venti, dieci anni da alcuni capolavori del Maestro, è questo continuo oscillare tra l’astrazione e l’abbandono nostalgico, una traccia come Suite before end, anche nel titolo, include e dischiude l’evocazione, la descrizione e la dissoluzione dell’universo sonoro di uno dei più grandi narratori di musica per il cinema.

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