Hanging Shadow: l’horror italiano si racconta di Daniele Silipo
Dopo essere stato proiettato al Noir in Festival di Courmayeur, al FIPA Festival di Biarritz, al SouthAfrican Horror Fest di Città del Capo e dopo l’uscita home video in America, anche in Italia sarà possibile vedere Hanging Shadow, il documentario diretto da Paolo Fazzini sul cinema italiano dell’orrore. Noi di Horror.it, non potevamo lasciarcelo scappare: in calce all’articolo, troverete una breve intervista all’autore.
Hanging Shadow è un omaggio al mestiere della paura e ai maestri del terrore, che intende raccontare l’horror italiano ponendosi con un atteggiamento molto diverso rispetto al solito: non fenomeno da baraccone per virtuosi del basso costo, ma scuola autentica con maestri e continuatori. Il regista Paolo Fazzini dà la parola ai più noti professionisti del cinema fantastico (Dario Argento, Sergio Stivaletti, Michele Soavi, Luigi Cozzi, Lamberto Bava, Ruggero Deodato, Franco Ferrini, Giannetto De Rossi, Roger Fratter, Antonio Tentori, Vittorio Giacci) e ne ripercorre le tappe, le evoluzioni, il modo in cui hanno saputo dare corpo ai fantasmi nascosti nell’inconscio della gente comune, in modo da creare una storia del “genere” cinematografico. Un approccio necessario oggi più che mai, in un momento in cui, il nostro bel cinema che fu, si trova vittima della “ridondanza”: riscoperto a più riprese, non viene mai approfondito a dovere. Finalmente, Paolo Fazzini, si muove in controtendenza non limitandosi al semplice tributo ma avvicinandosi alla materia trattata con la voglia di andare a fondo, riuscendo a dare, a quel cinema di cui parla, la giusta dignità.
Il dvd del film sarà disponibile per la vendita a partire dal 18 dicembre in un elegante formato Digipack deluxe a 4 ante curato dalla Beat Records Company. In allegato: un cd-compilation contenente temi musicali estratti dalle pellicole più rappresentative del cinema horror italiano orchestrati da titani come De Masi, Blonksteiner, Morricone, Frizzi, Rizzati e altri nomi fondamentali nel panorama italiano e internazionale.
INTERVISTA A PAOLO FAZZINI
- Presentati ai nostri lettori…
Ho iniziato a giocare con cineprese e telecamere fin da quando ero adolescente, ma soltanto dopo essermi laureato in Lettere a Roma ho cominciato un percorso professionale nella regia. Ho realizzato qualche corto che ha circolato in alcuni festival, ma il salto definitivo è avvenuto con il mio primo documentario Le ombre della paura incentrato sul cinema horror italiano degli anni '60/'70 a cui sono poi seguiti altri documentari sia sociali che musicali, lavori che ho svolto sia su commissione che per mia personale iniziativa diversificando così la mia professione. Attualmente sto seguendo la scrittura e la regia di alcuni programmi televisivi.
- In HANGING SHADOWS, intervisti il meglio dell’horror italiano; qual è il quadro che ne esce fuori?
Ho coinvolto quelle figure che hanno vissuto l’ultima fase dell’esplosione del cinema horror italiano, cioè quella vivissima degli anni ’80, in cui personaggi come Dario Argento, Ruggero Deodato, Lucio Fulci hanno consolidato le relative carriere, e in cui Soavi, Stivaletti, Lamberto Bava hanno potuto esordire con pellicole che sono state esportate in tutto il mondo. Questa fase è inesorabilmente finita, ma la sensazione è che questi registi non abbiano esaurito le loro idee e che, indirettamente, stiano comunque creando una sorta di eredità che i filmmaker più giovani stanno tentando, faticosamente (almeno da un punto di vista produttivo), di raccogliere.
- Secondo te a che punto si trova adesso l’horror italiano? C’è chi dice sia finito, chi afferma che siamo in piena rinascita. Hai dato spazio anche a questo interrogativo nel tuo documentario?
In Hanging Shadows emerge soprattutto il lato più negativo di questa faccenda, cioè il fatto che questo filone produttivo in Italia non esiste più da almeno 20 anni. Tutti gli intervistati lamentano la latitanza di produttori e autori volenterosi di aggiornare le tematiche del cinema italiano e puntano il dito verso l’invadenza della televisione. E ciò è tutto drammaticamente vero e attuale, almeno nell’ambito delle grandi produzioni ufficiali. Dobbiamo però tenere presente che le interviste che vediamo sono state realizzate tra il 2004 e il 2005, quindi il documentario ha iniziato a circolare nei festival e ha ottenuto una distribuzione homevideo americana nel 2006, mentre ora, alla fine del 2007 vede la luce anche qui da noi. Ecco, in questi tre anni le cose, almeno nel panorama produttivo indipendente italiano, sono cambiate parecchio: le tecnologie si sono evolute, mezzi tecnici economici hanno cominciato a garantire una qualità piuttosto buona, e alcuni registi più giovani, come Zuccon, Pianigiani, Albanesi, i ragazzi della Filmhorror.com, Zancolò, Bianchini (ma non solo) hanno intensificato le loro attività. Io non attendo una rinascita del cinema horror italiano, desidero però che dei giovani, magari con bassi budget, riescano a proporre delle idee nuove per regalare allo spettatore un’alternativa rispetto alle tendenze mainstream. Credo che per fare ciò le premesse oggi iniziano a farsi vedere, cosa che forse 4 o 5 anni fa era meno probabile.
- Ci puoi anticipare qualcosa, qualche sorpresa che troveremo in HANGING SHADOWS?
Dario Argento parla del cinema americano che ama di più, quello noir degli anni ’40, Michele Soavi svela le tematiche e i meccanismo delle sue pellicole, Ruggero Deodato confessa di odiare il cinema horror e chiarisce con quali premesse ideologiche ha realizzato i suoi “cannibalici”, ma soprattutto scopriamo che tipo di rapporto intrattengono tutti questi artisti con il sentimento della paura e con il mondo della violenza reale, argomento oggi attualissimo.
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